Premesso che:
appare evidente come il Governo abbia dimenticato alcune categorie produttive fortemente colpite dalle misure restrittive adottate a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;
in particolare, il settore del gioco pubblico ha subito un crollo impressionante del proprio fatturato annuo a seguito dei diversi provvedimenti anti COVID adottati dal Governo. Stando ad un articolo del quotidiano "La Stampa" del 5 gennaio 2021, è stato registrato un drammatico calo dei ricavi per gli operatori del gioco fisico (43 per cento complessivo in meno e 60 per cento in meno per il settore retail). Tale situazione ha determinato un'enorme diminuzione delle entrate erariali: considerando la chiusura dei punti gioco per quasi 6 mesi nel corso del 2020, la stima dei ricavi fiscali per lo Stato (complessivo per i due canali fisico e on line) sarà inferiore a 7 miliardi di euro (circa 4,5 miliardi di euro in meno rispetto al 2019). Tale calo di circa l'80 per cento è imputabile alla perdita di gettito registrata dal canale retail (sale gioco, agenzie di scommesse e Bingo);
all'avviso dell'interrogante, il Governo non ha per nulla tutelato gli oltre 150.000 posti di lavoro posti di lavoro, tra dipendenti dei concessionari e lavoratori dell'indotto, che gravitano attorno al settore del gioco pubblico. Il rischio di veder scomparire tutti questi posti di lavoro dopo la fine del blocco dei licenziamenti e l'inizio delle chiusure di sale scommesse, sale giochi, bar e tabaccherie è enorme;
i punti di gioco sono stati chiusi sin dall'inizio della pandemia con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e la successiva direttiva n. 82295/RU dell'Agenzia delle dogane e monopoli che hanno stabilito la chiusura delle sale scommesse, slot, Bingo e le postazioni videolottery nei bar, ristoranti e tabaccherie;
ad ulteriore testimonianza dell'andamento incerto ed ondivago del Governo, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2020 ha riaperto tali esercizi pubblici, salvo poi stabilirne la chiusura anticipata alle ore 21 e l'adeguamento alle misure di sicurezza anti COVID con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 ottobre 2020;
alla fine, questi punti di gioco sono stati definitivamente sospesi e chiusi, tra zone gialle, arancioni e rosse, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020;
stando poi all'Istituto superiore di sanità, durante il periodo di lockdown è notevolmente aumentato il totale mensile di chiamate al numero verde preposto a sostenere i soggetti affetti da ludopatia, i quali, tra le mura di casa, hanno dato sfogo alla loro dipendenza attraverso il gioco illegale ed il gioco on line;
in tal senso si riportano le parole del direttore generale dell'Agenzia delle dogane Marcello Minenna, alla trasmissione televisiva "Uno Mattina": "Il lockdown ha determinato una riduzione del 25/30% dalla chiusura del gioco legale, facendo riscontrare però un aumento del gioco illegale. Numerosi sono stati gli interventi del COPREGI (Comitato per la prevenzione e la repressione del gioco illegale) di repressione in più di 50 capoluoghi di provincia, controllando 250 sale illegali e comminando sanzioni per oltre 1 milione di euro";
stando alla ricostruzione dei fatti, a giudizio dell'interrogante, non solo il Governo ha fortemente penalizzato un settore fondamentale come quello del gioco pubblico, ma ha anche indirettamente rivitalizzato l'offerta di gioco illegale minacciando conseguentemente la stessa salute pubblica che mirava a tutelare attraverso le misure anti COVID,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare per garantire, quanto prima, la riapertura dei luoghi adibiti al gioco legale, posto che è dimostrato che il virus non si diffonde in tali luoghi.
con il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (decreto "ristori"), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, sono state emanate ulteriori misure urgenti per imprese, lavoratori e famiglie a causa dell'emergenza epidemiologica da coronavirus;
con l'art. 1 è stato previsto un nuovo contributo a fondo perduto al fine di sostenere gli operatori dei settori economici interessati dalle misure restrittive del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2020, contributo al quale non possono accedere le "imprese che già si trovano in stato di difficoltà";
con la circolare n. 22/E del 21 luglio 2020, in ossequio a quanto disposto dall'Unione europea, l'Agenzia delle entrate rispondendo a specifico quesito con il quale veniva richiesto di fornire una precisa definizione di "impresa in difficoltà", ha precisato: "In particolare, per quanto di interesse ai fini della soluzione del presente quesito, la Commissione ha ritenuto che gli aiuti possono essere concessi alle microimprese o alle piccole imprese (ai sensi dell'allegato I del regolamento generale di esenzione per categoria) che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019 in base alle definizione di cui all'articolo 2, punto 18, del regolamento (UE) n. 651/2014, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio (che non abbiano rimborsato) o aiuti per la ristrutturazione (e siano ancora oggetto di un piano di ristrutturazione)";
tale interpretazione ha però dato adito ad un'incertezza sulla possibilità di accedere ai contributi a fondo perduto da parte delle imprese che non sono soggette a procedure concorsuali e che alla data del 31 dicembre 2019 avevano in corso un piano attestato di risanamento ai sensi dell'art. 67 della legge fallimentare (di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modifiche), e, in particolare, di quei soggetti che, pur avendo in corso un piano di risanamento, non hanno avuto aiuti specifici per la ristrutturazione o nuova finanza da destinare a tale scopo, ma abbiano esclusivamente ottenuto il consolidamento del debito e la possibilità di rimborso dello stesso secondo un piano di ammortamento a lunga scadenza con tassi di interesse inferiori a quelli che regolavano il debito ristrutturato con le banche o con i fornitori, e di quei soggetti che al 31 dicembre 2019 avevano in corso piano attestato di risanamento, con rimborsi regolari, e continuavano regolarmente l'attività;
si tratta di una questione rilevante, in quanto l'esclusione di tali soggetti dall'accesso ai contributi a fondo perduto li rende ancora più vulnerabili, essendo minata la loro continuità di impresa per effetto della sospensione della loro attività prevista dai recenti provvedimenti in materia di contenimento della pandemia;
sarebbe quindi opportuno un chiarimento al fine di specificare che non possono accedere ai contributi solo quelle imprese che, pur se oggetto di un piano di ristrutturazione, al contempo abbiano anche ricevuto aiuti per la ristrutturazione, come si evince dal tenore della circolare citata,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare per garantire che tali soggetti possano richiedere e ottenere i contributi fondo perduto di cui all'articolo 1 del decreto ristori, ovvero, qualora fossero scaduti i termini, a successivi contributi a fondo perduto (ad esempio, quelli previsti dal decreto ristori bis).